ROMA 06 Febbraio 2012 – I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma sono riusciti, nell’arco di una settimana, a risolvere l’omicidio di Salvatore Polcino, caso che per alcuni era parso un giallo. Un cadavere carbonizzato era stato trovato lo scorso 27 gennaio in una buca, in un campo in loc. Borgo Santa Fumia, alla periferia sud della Capitale, dopo essere stato ucciso a colpi di pistola. Le silenziose, ma efficaci indagini svolte dai Carabinieri hanno consentito in un primo tempo di identificare quei resti in Salvatore Polcino, 52 anni, e poi di venire a capo del gravissimo fatto di sangue, che aveva destato serio allarme nella popolazione, soprattutto per le efferate e cruente modalità con cui era stato perpetrato l’omicidio. Tre le persone a cui i militari del Nucleo Investigativo di Frascati, collaborati da quelli della Compagnia di Pomezia, hanno notificato un decreto di fermo del P.M., emesso dai Pubblici Ministeri Pierfilippo LAVIANI e Fabio SANTONI della Procura della Repubblica di Roma. Sul conto dei fermati, infatti, sono emersi gravi elementi di responsabilità in ordine all’omicidio, riscontrate dalle attività di indagine svolte. Nell’ambito delle incessanti ed articolate investigazioni, sono state anche rivenute numerose armi in uso ai malviventi, in particolare due pistole e quattro fucili, tutte sottoposte alle verifiche degli organi tecnici dell’Arma. I fermati sono un 21enne di Ardea (RM) e altri due pluripregiudicati originari della Calabria e della Sicilia, ma di fatto dimoranti nel comune di Lanuvio (RM), che sono ora ristretti presso i carceri di Regina Coeli e Velletri. I motivi dell’efferato delitto sarebbero da ricondurre ad un regolamento di conti per droga.
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MEDICINA & BENESSERE
Psicologia tridimensionale: un computer per ridurre l’ansia e lo stress ricorrendo a realtà virtuali.
Ce ne parla la psico-oncologa Debora Muresu (Sbarro Institute of Philadelphia)
di Marina Carminati
Vi fareste rinchiudere in un ambiente ospedaliero da soli affrontando un esame medico complesso? Forse sì, se sapeste che si tratta di finzione, e magari potreste scoprire che non succede nulla e se un giorno vi capitasse di trovarvi realmente in quella situazione, sarete meno ansiosi e timorosi.
E’ la realtà virtuale di “second life” a permetterlo, strumentazione che non solo serve a intrattenere i più giovani davanti ai videogiochi ma può essere utilizzata anche per curare traumi mentali e fobie.
L’idea è recente: secondo la terapia convenzionale, lo psicologo chiede al paziente di immaginarsi faccia a faccia con le proprie ansie e paure. Con l’aiuto del computer invece oggi si può fare un salto di qualità e immergere il paziente nella situazione che genera la paura, il problema o la fobia. «La terapia è ancora in fase sperimentale – ha spiegato Debora Muresu (nella foto), responsabile sezione psico-oncologica del progetto di Digi S Lab diretto dal prof Antonio Giordano dello SHRO, Sbarro Institute di Philadelphia, aperta recentemente -, ma ha già dato i primi risultati positivi. Ci lavoriamo da circa un anno a questo progetto di psicologia tridimensionale. Si tratta di una nuova tecnica che ha il fine di ridurre l’ansia, lo stress oltre a trattare altre problematiche di natura psicologica in maniera risolutiva esattamente come la realtà virtuale permette di fare».
E’ così possibile affrontare, in un ambiente protetto come quello di uno studio clinico tridimensionale, problematiche che nella vita reale sono causa di problema.