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Palermo: l’Ance chiede maggiori risorse per gli investimenti

PALERMO 06 maggio 2011 – Il Consiglio generale dell’Ance Sicilia, riunitosi a Palermo sotto la presidenza di Salvo Ferlito per analizzare la gravissima situazione del settore delle opere pubbliche in Sicilia, ha valutato con estrema negatività e preoccupazione la decisione dell’Ars di rinviare l’approvazione delle modifiche normative sollecitate dalla categoria dei costruttori edili e fatte proprie dal governo regionale, e ha invece preso atto con favore del fatto che  il Decreto per lo sviluppo del governo nazionale ha ora innalzato a 4,8 milioni di euro la soglia d’importo delle gare entro la quale è possibile per la stazione appaltante escludere automaticamente i ribassi anomali.

Per l’Ance Sicilia questo è un fatto importantissimo, che risponde alla pressante richiesta della categoria di ripristinare trasparenza e legalità in un settore fin troppo condizionato dalla concorrenza sleale di chi, o per necessità o perché sostenuto da interessi illeciti, punta ad accaparrarsi fette di mercato rivendicando, poi, l’impossibilità di eseguire le opere a causa del prezzo eccessivamente basso di aggiudicazione.

Ciò significa che da domani ci sarà trasparenza negli appalti da Cuneo fino a Reggio Calabria, ma che queste stesse regole non varranno da Messina in poi.

L’Ance Sicilia, a questo punto, si aspetta che la classe politica regionale, non avendo più alcun tipo di alibi, proceda all’immediato e automatico recepimento della modifica introdotta dal Decreto per lo sviluppo e che, di conseguenza, avvii il contestuale blocco di tutte le gare che sfuggirebbero a tale meccanismo e la verifica di tutti i pubblici incanti già aggiudicati o in corso di aggiudicazione con maxiribassi. Inoltre, che siano finalmente sbloccate tutte le risorse disponibili per investimenti in infrastrutture.

Il mancato appuntamento con questo doveroso atto parlamentare, reso urgente tanto dalla crisi economica quanto dal bisogno di affermazione delle regole e della legalità, sarebbe la palese e drammatica conferma della presenza inquinante e pericolosa, all’interno della classe politica regionale e dell’Ars, di volontà contrarie alla riforma degli appalti in Sicilia.

Di fronte alla quale Ance Sicilia sarebbe costretta a reagire non solo con tutti gli strumenti propri della rappresentanza di categoria, ma anche con un’opportuna richiesta di attenzione da parte della magistratura.

 

Palermo: l'Ance chiede maggiori risorse per gli investimenti

PALERMO 06 maggio 2011 – Il Consiglio generale dell’Ance Sicilia, riunitosi a Palermo sotto la presidenza di Salvo Ferlito per analizzare la gravissima situazione del settore delle opere pubbliche in Sicilia, ha valutato con estrema negatività e preoccupazione la decisione dell’Ars di rinviare l’approvazione delle modifiche normative sollecitate dalla categoria dei costruttori edili e fatte proprie dal governo regionale, e ha invece preso atto con favore del fatto che  il Decreto per lo sviluppo del governo nazionale ha ora innalzato a 4,8 milioni di euro la soglia d’importo delle gare entro la quale è possibile per la stazione appaltante escludere automaticamente i ribassi anomali.

Per l’Ance Sicilia questo è un fatto importantissimo, che risponde alla pressante richiesta della categoria di ripristinare trasparenza e legalità in un settore fin troppo condizionato dalla concorrenza sleale di chi, o per necessità o perché sostenuto da interessi illeciti, punta ad accaparrarsi fette di mercato rivendicando, poi, l’impossibilità di eseguire le opere a causa del prezzo eccessivamente basso di aggiudicazione.

Ciò significa che da domani ci sarà trasparenza negli appalti da Cuneo fino a Reggio Calabria, ma che queste stesse regole non varranno da Messina in poi.

L’Ance Sicilia, a questo punto, si aspetta che la classe politica regionale, non avendo più alcun tipo di alibi, proceda all’immediato e automatico recepimento della modifica introdotta dal Decreto per lo sviluppo e che, di conseguenza, avvii il contestuale blocco di tutte le gare che sfuggirebbero a tale meccanismo e la verifica di tutti i pubblici incanti già aggiudicati o in corso di aggiudicazione con maxiribassi. Inoltre, che siano finalmente sbloccate tutte le risorse disponibili per investimenti in infrastrutture.

Il mancato appuntamento con questo doveroso atto parlamentare, reso urgente tanto dalla crisi economica quanto dal bisogno di affermazione delle regole e della legalità, sarebbe la palese e drammatica conferma della presenza inquinante e pericolosa, all’interno della classe politica regionale e dell’Ars, di volontà contrarie alla riforma degli appalti in Sicilia.

Di fronte alla quale Ance Sicilia sarebbe costretta a reagire non solo con tutti gli strumenti propri della rappresentanza di categoria, ma anche con un’opportuna richiesta di attenzione da parte della magistratura.

 

Operazione anti ‘ndrangheta del Ros: 33 arresti in Calabria

REGGIO CALABRIA 11 Marzo 2011 – Dalle prime ore della mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e del Ros, al comando del Col. Pasquale Angelosanto, coadiuvato dal comandante  del Reparto operativo, Ten. Col. Carlo Pieroni, hanno eseguito 33 ordinanze di custodia cautelare in carcere e congiuntamente al Comando provinciale della Guardia di Finanza il sequestro di beni mobili ed immobili per un valore di 60 milioni di euro nei confronti degli arrestati alla cosca Ficara-Latella, operante nella zona sud del capoluogo reggino.

La cosca era stata nel recente passato interessata sia dall’indagine “Reale”, in cui sono stati registrati i colloqui tra Giovanni Ficara e Pelle Giuseppe avvenuti nella casa di quest’ultimo nel mese di marzo 2010, che dall’indagine “Piccolo Carro” che aveva fatto luce sul ritrovamento di una macchina piena di armi ed esplosivi nei pressi del passaggio del corteo del Presidente della Repubblica, durante la sua visita alla città il 21 gennaio 2010. Anche le risultanza dell’indagine “Il Crimine” avevano interessato questa cosca il cui esponente Nino Latella era stato eletto nella carica di capo società della provincia della ‘ndrangheta, seconda per ordine d’importanza solo a quella del capo crimine. Le indagini hanno evidenziato dei contrasti all’interno della cosca tra due diverse componenti che facevano capo rispettivamente a Giovanni Ficara, arrestato nell’operazione “Reale” e Pino Ficara, oggi tratto in arresto.
L’indagine “Reggio Sud” ha consentito di tracciare non solo gli organigrammi dei due diversi gruppi, ma anche le attività criminali ed il reimpiego nell’economia legale dei proventi illeciti.
In particolare la cosca, che nel tempo ha allargato la propria sfera d’influenza su altri territori rispetto a quello di Pellaro, sfruttando anche la debolezza delle famiglie limitrofe a seguito dell’esecuzione di provvedimenti giudiziari e delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ha dimostrato di avere il pieno controllo del territorio e di gestire anche i reati contro il patrimonio, chiedendo conto alla delinquenza comune di reati quali i furti, le rapine e le estorsioni connesse con il fenomeno del cosiddetto “cavallo di ritorno”.
La cosca riusciva a pilotare anche gli appalti pubblici, facendoli assegnare a proprie società controllate, come dimostra la vicenda legata all’appalto per il centro globale di revisione della motorizzazione civile di Reggio Calabria, in cui il responsabile del procedimento ha invitato 5 ditte di cui 4 riconducibili ai Ficara  ed una sicuramente non interessata alla commessa. Sempre all’interno della motorizzazione civile, alcuni affiliati sono riusciti ad ottenere la patente nautica, risultando comunque idonei, senza aver mai superato l’esame scritto.
L’indagine ha messo in luce inoltre i fortissimi condizionamenti dell’economia locale posti in essere dalle due componenti della cosca. Gli affiliati, infatti controllavano tutto il settore della consegna al dettaglio dei pacchi per conto della società “Bartolini”  ed anche gran parte del settore del trasporto su gomma, attraverso delle società con oltre 50 autoarticolati. Altri settori d’interesse sono  quello della produzione e del montaggio di infissi, effettuati a prezzi superiori a quelli di mercato ed imposti grazie al potere del sodalizio di ‘ndrangheta: in questo settore spicca l’appalto per il montaggio degli infissi preso il centro commerciale di San Leo nella zona sud di Reggio Calabria.
Infine, come ha anche dimostrato l’indagine “Il Crimine”, il capo cosca Giovanni Ficara aveva spostato i propri interessi nella provincia di Milano, in previsione dei lavori dell’Expo 2015, dove aveva acquisito delle quote societarie di alcune aziende in difficoltà, alle quali aveva fatto avere dei prestiti agevolati, pur non ricorrendone i presupposti, attraverso la creazione di una filiale di una società finanziaria che da Reggio Calabria erogava denaro alle società milanesi per salvarle dal dissesto, al solo fine di costituire un terminale lecito per gli interessi della cosca in Lombardia.