Allarme leishmaniosi nelle zone di conflitto in Medioriente.

Map conflict and CLUn catastrofico aumento di casi di leishmaniosi cutanea è in corso in Medioriente, secondo gli scienziati che hanno sottoposto ad uno studio i campi dei rifugiati e le zone di conflitto. La malattia è provocata da un parassita e trasmessa attraverso il pizzico dei cosiddetti sandflies, ovvero i piccoli insetti che di solito si trovano dove c’è sabbia. I pizzichi provocano delle lesioni sul corpo che si infettano in un secondo momento.

Centinaia di migliaia di persone nelle regioni del Medioriente sono attualmente affette da leishmaniosi cutanea, chiamata anche Alleppo boil, perché fino a poco tempo l’epidemia era contenuta nelle aree di Aleppo e Damasco in Siria.

I dati, pubblicati lo scorso 26 maggio in un articolo inserito nella PLoS, la Public Library of Science, parlano di un incremento della malattia con l’avvento della guerra.

Peter Hotez, decano della National School di Medicina Tropicale negli Stati Uniti, inviato americano per il Medioriente, ha dichiarato che i numeri della leishmaniosi cutanea sono in significativo aumento nelle zone di conflitto assieme ad altre molte malattie ed urge la necessità di circoscrivere le aree per evitare che l’epidemia si diffonda.

Le condizioni disperate delle aree urbane dopo i bombardamenti, assieme alla mancanza di insetticidi, di acqua pulita e di servizi sanitari adeguati hanno creato terreno fertile per i flebotomi, mentre la crisi dei rifugiati che si spostano da una zona all’altra hanno creato delle vere e proprie aree endemiche.

In Siria, le infezioni segnalate dal Ministero della Salute sono raddoppiate di numero da 23mila prima della guerra a 41mila nel 2013. I territori vicini dove milioni di rifugiati siriani si sono spostati hanno anche iniziato a riportare un sempre maggior numero di casi. In Libano i casi sono passati a1033 nel 2013 dai 6 segnalati negli ultimi dodici anni. Turchia e Giordania hanno anche segnalato centinaia di casi.

Una situazione simile potrebbe accadere anche nella parte est della Libia ed in Yemen: nella Libia orientale sono stati segnalati casi in numero sempre crescente di leishmaniosi cutanea ed anche nei campi profughi della vicina Tunisia. In Yemen, i casi riportati sono circa 10mila all’anno. E con la migrazione yemenita verso l’Arabia Saudita, si teme che la malattia possa diffondersi anche lì.

Per cercare di risolvere il problema, il consulente del Ministero della salute saudita, dr. Waleed Al Salem, assieme ad un team della Scuola di Medicina tropicale di Liverpool, all’Università di Oxford e all’Istituto per la salute e la metrica degli Stati Uniti, hanno settato i dati provenienti dalle pubblicazioni sia in lingua araba che inglese ed hanno creato una mappa della diffusione della leishmaniosi cutanea prevalentemente in Siria e nelle regioni orientali del Mediterraneo.

La mappa, pubblicata all’inizio del mese di maggio 2016 in Emerging Infectious Diseases, mostra una chiara correlazione tra la malattia, la popolazione dei rifugiati e la distribuzione delle sandfly, insetti portatori della malattia nella regione.

In particolare, le aree sotto il controllo del cosiddetto Stato Islamico o Isis, sono le più colpite. Tra di esse Raqqa, Diyar Al-Zour e Hasakah dove sono stati segnalati circa 6500 nuovi casi dai gruppi di opposizione e dalle organizzazioni non governative.

“La maggior parte dei casi in Medioriente sono dovuti alla anthroponotic Leishmania Tropica, il che significa che gli esseri umani sono l’unico serbatoio di infezione – spiega Albis Gabrielli, consigliere OMS per il controllo delle malattie tropicali trascurate nelle Regioni del Mediterraneo Orientale – e da un punto di vista clinico è fondamentale sia la diagnosi precoce che il trattamento delle persone infette con adeguati farmaci e questo può garantire la gestione del protocollo sanitario in maniera semplice e poco costosa, mentre dal punto di vista della sanità pubblica si ridurrà la probabilità di trasmissione della malattia ad altre persone”.

L’OMS raccomanda l’accesso alla diagnosi precoce ed al trattamento gratuito nelle strutture sanitarie di base dei paesi colpiti. “Se la gente sa che i farmaci ci sono – spiega Gabrielli – contatta il servizio sanitario. Si tratta di una questione di priorità perché la diffusione della lesmaniosi cutanea deve essere arginata al più presto”.